Saturday, October 16, 2010

cambio di formato.


avevamo 14 anni ed erano poi gli anni del liceo che iniziavano, ci si scambiava le cassette, e le migliori erano quelle al carbonio, perchè si diceva avessero la stessa qualità dei cd, che erano appena arrivati, ma a me non facevano paura i cd, ero felice di avere un oggetto con una qualità musicale superiore. mi sbagliavo, forse, ma non capivo allora, dove potevamo arrivare.
e molti di noi i cd non li avevano, io il primo impianto stereo l'ho avuto forse a 16 anni, non so, il mio primo cd fu l'unplugged degli alice in chains...
prima erano solo cassette, quando le compravo le mettevo in piedi sul comodino cosi rientrato da scuola vedevo subito la cover e sorridevo.
all'epoca per me era musica italiana, quasi esclusivamente, il mondo da li mi sembrava lontano, e le lingue straniere incomprensibili.
quando arrivarono a casa, le cassette straniere, aprivo vocabolari per tradurmi i testi, e mi sentivo come se fossi il depositario delle parole di adam duritz, di eddie vedder, di kurt cobani, di chris cornell, di brad roberts che faceva mmmh mmmh mmmh mmmh e vendeva milioni di dischi arricchendosi meritatamente, a mio avviso.
e mi ricordo quando una cassetta si riutilizzava, ed a volte rimaneva il suono precedente, ed a volte una canzone iniziava sull'altra, o quando finiva la canzone nuova potevi risentire la coda di quella vecchia, che immancabilmente era più lunga.
e ricordo che alcuni di noi registravano male, altri cosi cosi, altri dipendeva, era sempre un'incognita il risultato finale, e ti sentivi perso quando il brano a cui tenevi di più aveva la resa sonora di una sala prove in cui ancora non eri entrato.
e ricordo che ipotizzavamo le durate, quel disco magari era da 46 o da 45 (avevano fatto le cassette con un minuto di differenza....ma perchè!?!?!?!?), o da 54, o da 60, oppure con la calcolatrice i più perversi ed attenti sommavano tutto cosi da non incorrere nella temutissima cassetta da 90 che toglieva la fantasia e lasciava un lato libero, lunghissimo, snervante.
e mi ricordo quando restavo sveglio per ascoltare e registrare i live di radiotre, e spesso la cassetta finiva ed andava girata e faceva un casino assurdo alle 2 del mattino toglierla dal mangianastri.
credo che se mia madre mi avesse trovato sveglio registrandomi un concerto col senno di poi mi avrebbe forse benedetto.
non so, davvero non so se avrebbe reagito male come credevo.
sono cambiati e si sono evoluti quei tempi, forse neanche tanto bene.
è cambiata l'idea della musica.
è cambiata l'attenzione.
siamo cosi bombardati di brani
di singoli
di artisti che ogni anno escono con 16 tracce
di formati digitali attentissimi ed a volte cosi omologati
che io non lo so se voglio davvero tutto questo.
io non so se voglio davvero la perfezione.
io non so se voglio davvero il mercato.
il dramma è che potrei ricantare almeno 18 dischi interi dal 1994 al 1999,
ma avrei difficoltà a ricordare un testo qualsiasi di un artista attuale che mi piace.
questo perché non c'è tempo
perché tutto trascorre e passa correndo come ossessionato dal momento
ed a volte mi sembra che quello che mi rimane dentro non risieda nel presente.
e questo sta uscendo dalle classifiche e sta entrando nel quotidiano, come se fossimo noi la classifica dei dischi.
a volte mi fermo a canticchiare qualcosa
che non ricordo da dove possa arrivare
e mi sento come se l'oggi me lo avesse rubato,
perché immancabilmente, sono sicuro, è una canzone che ha almeno dieci anni.
mi ricordo l'attenzione
che si aveva per tutto
un'attenzione che oggi è difficile avere perfino per ciò che di più prezioso sappiamo di avere.
quel prezioso che corre,
che si agita
che fugge.
ecco, ho paura di perderla quest'attenzione che mi è appartenuta.
ho paura di vivere in mezzo ai singoli
agli mp3
ai formati digitali
alle cose scritte
alle lavagne o ai caratteri ridotti di un sms.
io che ho bisogno di un vinile difettoso
di una mano da stringere
di una lacrima gelida da sentire
di un amico da abbracciare quando sono felice di vederlo.
io che ho bisogno di sentirti suonare al portone
di prendere un ceffone o che tu mi faccia il solletico
e non di immaginarti
o di dover sempre rispondere ad un muro
ad uno stupido squillo per poi richiamare
ed io ti richiamo
ma cazzo quando ci vediamo?
ho bisogno di una serata analogica
di una serata di cui il mondo non sa nulla
una serata in cui paghi in contanti
e in cui il resto ci dimentica
e non ci tocca
e non ci conta.
e si ascolta tutto
senza alcuna distrazione.
ho bisogno che il telefono non prenda
e chi chiama mi sappia comunque al sicuro
e che nessuno si preoccupi per me
a meno che io non l'abbia davanti,
la persona che si preoccupa per me e che si prende cura di me e non del mio piano tariffario.
ho bisogno che si sappia
ho bisogno che di me si sappia tutto
o non mi si chieda niente ma mi si dica tutto
ho bisogno che anche gli altri parlino ascoltando quello che dicono
e restino tutta la sera attenti senza fare sforzi
oppure facendo finalmente uno sforzo
per essere fuori da questo tempo
come fossero quel lato silenzioso
quel lato vuoto
quel lato non registrato
delle cassette da 90
in cui alla fine non registravi niente
eppure non erano le cassette sbagliate:

avevano soltanto deciso di ascoltare noi
per 45 minuti ideali
alla fine della musica.
ti ascolto, finalmente.
ti guardo, finalmente
ti vivo, finalmente.

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